Antonio Papasso
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Papier Froissé, Anno 2002, cm. 61x175


E si può aggiungere: l’arte, come la religione, è via, verso le mete più alte dell’uomo, legame col sacro, che illumina le nostre storie e la grande storia del mondo.

Ma per concludere la storia che Antonio Papasso ha voluto raccontare con parole, proprie e di altri, nell’obiettivo di far partecipare alla sua gioia di scoperta e creazione, è la sua estetica, ossia il rapporto col mondo interno ed esterno nel percorso dell’opera che viene alla luce.

L’opera - come si è visto - è riferibile all’autore con nome e cognome o alla persona femminile di Antigone, sotto cui Papasso vela la sua identità, quando lo spirito viene attinto anziché da una realtà astratta da forme tradizionali illustrative (figure di animali, paesaggi, bambini, ecc.). Non c’è discontinuità tra le due dimensioni, come non c’è o non ci dovrebbe essere discontinuità tra archetipo maschile e femminile che coabita – secondo Jung – in ogni essere umano. Lui, Antonio Papasso, come uomo e come artista si è reso disponibile ad affacciarsi in piena coscienza all’universo, dove gli elementi roteano e navigano nel caos primordiale. Sollecitato dal disordine del mondo contemporaneo è stato mosso dall’urgenza di ricomporre, riordinando, dare voce e colore a ciò che sentiva e vedeva.

Riproviamo a ripercorrere insieme le fasi del suo vivere la creazione. Con l’elasticità del ricercatore e la libertà assoluta, che gli viene da una vocazione in piena maturità, Papasso si è ritrovato nella ‘piazza’ dell’opera in nuce. La superficie stessa a volte è avvertita come costrittiva, da oltrepassare. Da questa piazza, senza l’obbligo di un progetto o schema prefissato, assaggia un primo sentiero, che prende da un lato... Andando si guarda dintorno, raccoglie nuovi elementi che lo incuriosiscono, annoda risonanze ed intrecci... Sosta, riindietreggia alla piazza, riparte, sceglie una diramazione secondaria, vi annoda dei punti di peso, sparge qualche orma di questo suo andare con segni, con sovrapposizioni spiegazzate, con un preciso alt di colore. La mente è vigile nel cogliere gli avvenimenti, piccoli e grandi, le loro connessioni e il loro accordo con i desideri e gli eventi profondi. L’uomo è portatore oltre che della sua storia e cultura anche del legame col sacro, del patrimonio dei valori connessi, s’interroga della località della forma che gli è più congeniale sulle parti buone e cattive di se e del fuori di se: è questa tavola bianca, supporto di bianchi ulteriori, principio di bene? O la sua bellezza potrebbe essere travestimento del diavolo? Ma il viaggio prosegue, là vengono fissato dei pesi, qui si toccano punti di equilibrio a moltitudine di significanti. Può essere che il peccare lotti con la purezza, prima di essere riconfrontato all’origine e riletto secondo un disegno più alto, divino… Può esserci ancora rientro, sulla piazza, non perché i risultati insoddisfacenti azzerino il già suscitato e composto, ma perché nuova luce, nuovi orizzonti sono stati attinti nell’intreccio tra il demiurgo e il farsi dell’opera e tutto deve essere ricomposto e riconsegnato per la storia degli altri secondo un comando avvertito dall’alto e dal sotto di se; il che è la stessa cosa, poiché con Iean Guitton "l’infinito abita in fondo al cuore."

Giovanna Alliprandi


Papier Froissé, Anno 2003, cm. 115x214



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